La mostra “Rodin-Bourdelle corps à corps” (museo Bourdelle dal 2 ottobre 2024 al 2 febbraio 2025) svela al pubblico L’Eva modellata da Auguste Rodin che Antoine Bourdelle ha impiegato quasi tredici anni per scolpire nella pietra: un’opera emblematica al cuore della loro relazione.

Oltre alla qualità sublime di questa pietra calcarea che la differenzia da tutti gli altri esempi, e la rende l’Eva più sensuale di Rodin, questa scultura, meglio di ogni altra, rivela lo stretto rapporto tra i due artisti, tra fascino, collaborazione ed emancipazione…
Il mito di Rodin che taglia la pietra
Rodin si guardò bene da non smentire chi credeva che fosse lui stesso a tagliare i suoi marmi, anche se dall’inizio degli anni Settanta dell’Ottocento affidò l’esecuzione a scalpellino che lavoravano a partire da un calco in gesso delle opere da lui modellate in argilla. Tra le accuse dello stesso Rodin, le dubbie testimonianze di chi “lo ha visto scolpire la pietra nel suo atelier” come la scultrice Malvina Hoffman o il critico Yvanhoé Rambosson, possiamo perderci. Anche Bourdelle, che fu suo scalpellino, lo rappresenta con mazza e scalpello quando realizza il suo ritratto scolpito davanti alla Porta dell’Inferno, ponendolo così sotto l’egida di Michelangelo. Rodin si è indubbiamente confrontato con la scultura del marmo, ma non ha mai realizzato alcuna opera con questo materiale. D’altro canto sa benissimo come guidare i suoi praticanti che hanno sviluppato una tale competenza tecnica che qualsiasi competizione con loro sarebbe stata a suo svantaggio. L’ultimo affronto dello scultore per mantenere l’ambiguità, quando nel 1915, Sacha Guitry lo immortalò nel suo film “Quelli di casa”, Rodin finse, di fronte alla telecamera, di scolpire un marmo, senza dubbio su iniziativa del regista. Osservando da vicino la sequenza, vediamo Rodin armato di martello e scalpello sbozzare sezioni informi della scultura, ma senza mai avventurarsi nelle zone fini che richiedono un intervento preciso.

Rodin fa finta di scolpire il marmo nel film di Sacha Guitry “Quelli di casa” (1915)
Bourdelle, uno scalpellino che si prende il suo tempo
Quando Rodin chiese a Bourdelle, alla fine del 1893, di scolpire nella pietra la sua grande Eva, questi non poté nascondere la sua emozione mentre scriveva alla sua amica Marie Laprade:
“Tra dieci giorni avrò la pietra di Rodin, la aspetto come Aspetterò la resurrezione di Michelangelo. E pensare che tradurrò e finirò questa bozza in pietra. Capisci questa gioia di aver acquisito questa sicurezza, qualità abbastanza forti perché questo grande vecchio di ritorno dalla nostra più grande arte vivente possa affidarmi uno dei suoi migliori sforzi? »
Rodin conta già otto scalpellini dedicati. Erano tredici nel 1894, poi undici nel 1895. La collaborazione di Bourdelle fu inizialmente poco sostenuta. Dopo aver ripreso e terminato nel 1893 un marmo mal iniziato da un altro scalpellino, aiutò Rodin nel 1894 a preparare i gessi dei borghesi di Calais prima che fossero consegnati al fondatore. Nel 1895, quando decise di ritornare all’Eva che Rodin gli aveva affidato alla fine del 1893, vinse il concorso per l’erezione di un monumento ai caduti nella sua città natale, che lo occuperà completamente fino al 1901. Rodin divenne ancora più impaziente quando Bourdelle gli chiese dei soldi nell’aprile dello stesso anno per pagare coloro che lo avevano aiutato a realizzare quest’opera. La bellezza della pietra e il lavoro metodico di Bourdelle per ripristinare le irregolarità dell’epidermide non hanno fatto altro che alimentare il desiderio di Rodin di vederla finita. Esasperato, finisce per pensare che Bourdelle si stia prendendo in giro. Certamente è occupato dal suo matrimonio, dalla nascita di suo figlio, ma anche da altri lavori affidategli da Rodin come quelle dei busti di Eve Fairfax e Rose Beuret. Rodin spera di esporre Eva al Salon del 1904, ma nulla è ancora pronto. L’anno successivo ci fu la prima mostra di Bourdelle presso il suo fondatore Hébrard, che non fece altro che ritardare la scadenza. Tornò seriamente ad Eva nel 1905 e solo nel settembre 1906 Rodin ricevette la sua Eva in pietra, ingrandita dallo scalpello di Bourdelle.

Hedwig Woermann, studentessa tedesca in posa ai piedi della Eva di Rodin, ancora nel atelier di Bourdelle intorno al 1901-1903
Epilogo di una collaborazione a volte tesa
Bourdelle percepisce per questo lavoro ottomilaquattrocento franchi, che corrispondono a circa ventidue mesi di lavoro a tempo pieno, ipotizzando una retribuzione media di quindici franchi al giorno che Rodin paga in media ai suoi scalpellini. Tuttavia, il maestro di Meudon dovrà attendere tredici anni per entrare in possesso dell’Eva scolpita da Bourdelle. Questo ritardo si spiega con la priorità che Bourdelle dà al proprio lavoro, sempre a scapito dei lavori per Rodin. Sebbene sia supportato dai suoi stessi scalpellini, Bourdelle ha bisogno di lunghi periodi di tempo ininterrotti per dedicarsi completamente a questo lavoro, perché non è un lavoro che può essere svolto in modo intermittente. Bourdelle cerca di restituire in questa materia dura la pelle umana che non è liscia, ma “piena di piccoli incidenti, di ferite, che sono la vita”, come scrive a Rodin alla fine del 1905. Esplorò la pietra al lume di candela, con lampada a gas e cerca di catturare l’estetica sensuale di Rodin in questo materiale. Posa persino un modello dal vivo per portare la testa e i piedi il più vicino possibile all’epidermide umana. Rifinisce questa pietra nel suo giardino per beneficiare della luce del giorno che mette in risalto la più piccola imperfezione. Così facendo, si immerge nello stile di Rodin e capisce che la direzione che desidera prendere per il proprio lavoro è diversa, più sintetica, con piani più marcati. Ed è stato esplorando così meticolosamente la singolarità di Rodin che ha iniziato ad adottare uno stile che lo ha radicalmente differenziato dal suo predecessore.

Eva alla roccia di Auguste Rodin, scalpellino : Antoine Bourdelle (1893-1906)
Calcare, 176 x 64,5 x 78,5 cm, Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek