Antoine Poncet (1928-2022), uno scultore decisamente ottimista

Antoine Poncet è morto il 13 agosto 2022 all’età di 95 anni. Quando l’ho incontrato nel giugno 2022, era felicissimo di parlare di “scultura” e le sue parole non facevano prevedere una fine così rapida.

Una formazione atipica

Antoine Poncet e Maxime Paz (giugno 2022).

Nipote di Maurice Denis, figlio di Marcel Poncet, questa ascendenza di pittori lo obbligava. Difficile trovare il suo posto tra un fratello maggiore Christophe, adorato da tutta la famiglia e che muore prematuramente, e il fratellino Gabriel che diventerà architetto. Non gli piace la scuola e suo nonno pensa che diventerà un bravo giardiniere. All’età di quattordici anni si iniziò alla creta e formò personaggi con esaltazione. E se diventasse uno scultore? Suo padre lo mandò a Zurigo da Germaine Richier probabilmente un po’ troppo presto ! Tornò rapidamente a prendere lezioni alla scuola delle belle arti di Losanna, dove insegnava suo padre, ma l’ambiente accademico non lo entusiasmava. Il direttore è però il suo padrino, lo scultore Casimir Reymond ! Preferisce le discussioni nei caffè con i suoi compagni. A Parigi, Cléopâtre Bourdelle, vedova del grande scultore, amica del padre, lo accoglie nello studio di un maestro vacante. Ha frequentato brevemente i laboratori di Ossip Zadkine e Marcel Gimond ma non ne trae alcun vantaggio. Ama però la scultura e per esercitarsi si trasferisce nel 1952 nello studio di Maurice Denis a Saint-Germain-en-Laye.

Inizi promettenti

Ora ha bisogno di pratica e anche la fugace visita a Brancusi impasse Ronsin nel 1951 o a Maillol a Marly-le-Roi quando era bambino, sono riferimenti più impressionanti che pietre miliari costitutive della sua carriera. Certo, ha parole civili per tutti questi grandi scultori, ma non sono i suoi maestri. Ha poi avuto l’opportunità di lavorare per Remo Rossi a Locarno o per Jean Arp in Francia. Sceglie Jean Arp che si offre subito di offrirgli un’auto per farne il suo autista. Lungi dall’offendersi, coglie l’occasione per osservare l’artista all’opera come faceva con il padre aiutandolo a preparare il forno per la cottura delle vetrate. Questi compiti modesti lo rivitalizzano, proprio come lavare i pennelli di suo nonno in passato o poi spazzare il proprio studio ! Alla fine, Arp lo assume come praticante ed è così che prospera. Abbandona l’arte figurativa e assiste per quasi tre anni il maestro di Meudon. Ma a differenza di quest’ultimo, è attratto dai bei materiali, prima il bronzo, poi il marmo e altre pietre. La fortuna nasce dalla sua testardaggine, ed è così che André Susse lo accoglie nella sua fonderia per rendere permanenti i suoi primi calchi in gesso. Scopre l’intaglio, i bei riflessi delle patine e il metallo levigato.

La strada della gloria

Poi tutto si riunisce. Espone nel 1959 nella galleria di Iris Clert i suoi bronzi luminosi, viene notato dal mecenate Nathan Cummings che lo introduce in America. Partecipa alle più prestigiose fiere di scultura e vince numerosi premi. Mentre il successo gli sorride, il critico italiano Giuseppe Marchiori lo invita nel 1964 a Querceta, vicino a Carrara, dove realizza grandi sculture nelle cave un tempo frequentate da Michelangelo nel suo materiale preferito. All’eloquenza del verbo caro al nonno, preferisce quella dello scalpello, tagliente ed efficiente come le lingue più sottili. Era naturale che l’Accademia di Belle Arti lo accogliesse nel 1993 per coronare una carriera che deve tutto al suo giubilo di confrontarsi con la materia per produrre opere snelle che suscitano ottimismo e felicità nella vita. Questa felicità, continua ad offrirla ai nostri occhi come solo un “immortale” sa farlo.

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