La mostra “Parvine Curie, un monde sculpté” visibile al Museo d’Arte Moderna di Troyes fino al 14 gennaio 2024 offre una raffinata selezione di opere di una grande signora che ha trascorso la sua infanzia nella capitale dell’Aube.
Introduzione
Varcando la soglia di questo “tempio delle Muse”, siamo già nel suo universo poiché, poco dopo l’apertura del museo installato nell’ex palazzo vescovile del XVI e XVII secolo, fu lei a disegnarne la porta nel 1984 scolpito in legno di iroko.
Porta del musée d’Art moderne di Troyes
I bordi rettilinei che lo compongono si ispirano a un albero emblematico: il baniano, un grande fico d’india, le cui molteplici radici aeree si trasformano in fusti quando toccano terra, moltiplicando le linee che finiscono per formare il suo tronco.
Il baniano (Ficus benghalensis)
Si intravede tuttavia una “M” nella parte superiore della porta, che richiama la funzione del luogo, essendo le Muse non solo ispiratrici di artisti, intermediari tra dei e uomini, ma anche figlie di Mnemosine, la dea della Memoria, altro tema forte associato al Museo e che rafforza il potere simbolico di questa lettera scolpita in legno esotico.
Parvine Curie, un monde sculpté
Non c’è migliore introduzione di una porta per avvicinarsi al lavoro di Parvine Curie. Le sue sculture altamente architettoniche sono fortezze che diventano rifugio contro ogni pericolo esterno. Ma per accedervi occorre un passaggio, un’apertura nella muraglia, che è appunto la funzione della porta. Non saremo sorpresi di trovarne molti nell’opera dell’artista, che danno accesso al suo spazio intimo.
Architettura
La prima parte si intitola “Architettura” perché, come ricorda Juliette Faivre-Preda, curatrice del Museo d’Arte moderna e della mostra, l’artista trae ispirazione dalle impressioni della sua infanzia vissuta in questa città di torri, volte, colonne e guglie. Questi edifici perfettamente conservati ci affascinano oggi: la cattedrale, le sontuose chiese, le incredibili case tradizionali a graticcio del XVI secolo.
Rifugio
Ma non dobbiamo dimenticare le minacce che la seconda guerra mondiale ha posto a questo eccezionale patrimonio. Questo è precisamente il periodo in cui Parvine Curie conobbe Troyes, tra i sei ei dodici anni. Come proteggersi dai bombardamenti? Anche se la città è stata risparmiata, la paura e il senso di insicurezza hanno invaso la sua immaginazione e l’artista ci restituisce la sua ricerca in tre dimensioni. Le sue sculture sono asili sia per l’anima che per il corpo, e la loro solidità ci rassicura, ci mette al riparo dalla furia del mondo, in questo nero più territorio che materia pittorica, come il Gran Campanile in legno tinto.
Grand Campanile, 1991, legno esotico tinto, 255 x 75 x 75 cm. Collezione dell’artista
Rivelazione
Sono infatti le forti impressioni, persino gli shock, a dare forma alle sue architetture, come il terribile incidente automobilistico di Barcellona nel 1957 che la lasciò priva di sensi per dodici ore. Ricorda vagamente una luce abbagliante intravista in cima a una scala sempre più stretta: nasce così Porte étroite, che ha la chiarezza di una rivelazione. Fu infatti poco dopo che fu introdotta alla scultura nell’atelier di Marcel Marti (1925-2010) che è diventato il suo primo marito.
Porte étroite, 1992, Pietra di Chauvigny, 55 x 32 x 44 cm. Collezione privata
Santuario
Come scrive giustamente Paul-Louis Rinuy nel catalogo della mostra, l’arte di Parvine Curie è religiosa nel suo senso etimologico, vale a dire che ci collega a una spiritualità, qualunque sia il nostro rapporto con l’aldilà. Basta entrare in una chiesa, in un luogo preservato, per sentire salire in noi un fervore. Questa fiammella che ci anima, si insinua nella sua Chapelle-lumière che confonde la luce dall’esterno con quella restituita dalla foglia d’oro.
Chapelle lumière, 2020, polvere di marmo bianco, foglia d’oro, 70 x 80 x 60 cm. Collezione dell’artista
Madre
David Marti è suo figlio, poeta e pittore, nato dalla sua unione con Marcel Marti. La ricerca artistica si coniuga quindi con l’esperienza della maternità: creare la vita, , generare, procreare, crescere, proteggere. Non ci sorprenderà che nel suo universo la madre sia anche una fortezza, un labirinto in cui ci perdiamo, o addirittura Mère-Poblet, l’ultima madre fino ad oggi realizzata nel 2023.
Mère-Poblet, 2023, Legno di iroko, 55 x 48 x 35 cm. Collezione dell’artista
Percorso
In questa sezione biografica della mostra, le opere raccontano gli incontri importanti della sua vita, in particolare con François Stahly (1911-2006) che immortala in Le Voyageur, ma anche il calvario delle morti successive, del compagno e del figlio per che ha fatto Thangka, Personnage au portique.
Thangka Personnage au portique, in memoria di David Marti, 2009, Tessuto, tulle, 150 x 115 x 5 cm. Collezione dell’artista
In Thangka scolpisce nel tessuto un personaggio che, cadendo, si aggrappa a un portico con il suo lungo braccio. Ma David se n’è andato e il portico dei sogni non ha potuto trattenerlo: “Perdere un figlio non è nella natura delle cose”, confida a Scarlett Reliquet, curatrice scientifica della mostra, che conosceva da tempo lo scultore e che ritroviamo con piacere nel catalogo attraverso un’intervista del 2016 ancora attuale.
Squilibrio
L’ultima stanza è un grido contro l’inerzia, contro l’immutabile, contro la fatalità. L’architetto di cittadelle inespugnabili ha un desiderio di movimento, di fuga, che si materializza prima con Petit déséquilibre, poi si afferma in Battement d’ailes.
Battement d’ailes, 2001, Bronzo, 41 x 43 x 40 cm. Collezione dell’artista
Parvine Curie si libera dalla gravità e si eleva verso regioni interamente spirituali portandoci con lei.
Giardino
Anche se le opere in giardino non fanno parte della mostra, e che l’artista condivide questo spazio armoniosamente ridisegnato con Germaine Richier, Robert Couturier o Martine Martine, tra gli altri, come non lasciarsi commuovere dal Grand personnage Burka che si impone in terrazza. Tutto in movimento, questo pezzo evoca una madre che protegge i suoi figli sotto il velo in modo che non vengano molestati, un riferimento alle donne che sono ancora oggi perseguitate.
Grand Coléoptère, 2005, bronzo, 75 x 130 x 80 cm, una delle sette donazioni dell’artista al museo nel 2021
In fondo al giardino, incontriamo un Grand Coléoptère che fatica a risalire un pendio, ma la sua corpulenza scomparirà del tutto quando avrà spiegato le ali… come la scultura di Parvine Curie che, nonostante le sue dimensioni imponenti e le sue masse molto strutturate, ci porta oltre le nuvole, le meravigliose nuvole del poeta. Mi giro. L’insetto ha lasciato il prato: sta volando!